Il più
perfetto compromesso tra deatmatch casalingo e campo di battaglia persistente,
Battlefield 2 ha tutti i numeri per entrare nella ristrettissima schiera degli
fps online di serie A. Sempre che non odiate visceralmente il genere sareste dei
pazzi a non concedergli almeno l’onere di una prova
Duck Soup Prima della pubblicazione di Battlefield 1942 il panorama degli fps online
seguiva tre scuole di pensiero piuttosto ben delineate. Da una parte stavano
i numerosi esponenti del deatmatch nudo e crudo (alla Quake o UT per
intenderci) legati alla primordiale filosofia del ‘raccogli l’arma più
potente e spiana ogni nemico che ti si para innanzi. Dall’altra i ben più
complessi teatri di guerra persistenti (WWII Online tanto per fare un nome)
capaci di vincolare il giocatore a veri e propri eserciti virtuali impegnati
in campagne belliche in continua evoluzione. In mezzo il solo CounterStrike:
amato, odiato ed indefinibile termine di paragone sia per gli uni sia per
gli altri. Assimilando dinamiche proprie a tutte e tre le scuole di
pensiero, EA riuscì nel colpaccio di sfornare un titolo capace di
accontentare chi chiedeva una maggior complessità nei classici deatmatch e
cattura la bandiera, una maggior accessibilità per i neofiti negli
implacabili campi di battaglia persistenti e un sistema meno rigido e
specialistico di quello del NoobKiller CS. Il tutto condito da mezzi aerei,
navali e terrestri da utilizzare a piacimento. La guerra in tre mosse
La ricetta del prodigio firmato Dice era in verità piuttosto semplice.
Sciorinato un campo di battaglia piuttosto esteso e contraddistinto dalla
presenza di un numero variabile di avamposti conquistabili, lo si inzeppava
di veicoli di ogni sorta e si lasciava ai giocatori, fino ad un massimo di
64, il compito di farne scempio a piacimento. Ai player era concessa la
scelta di uno dei kit disponibili (in pratica delle vere e proprie classi di
soldato caratterizzate ognuna da specifico armamento) e lo scopo di portare
a zero i crediti della fazione avversaria per mezzo di uccisioni a raffica e
di sistematici presidi degli avamposti citati in precedenza. A rendere
esaltante tutto il resto provvedeva il numero sterminato di variabili insite
in un tale sistema, capace di gestire con la stessa disinvoltura duelli
aerei, mischie di fanteria, scontri tra mezzi corazzati e tutte le loro
possibili combinazioni. Gli unici nei di BF1942 e di BFVietnam (espansione
esotica del titolo originale) erano da ricercarsi nel sistema di respawn ‘ad
ondate’ e nella difficoltà di scambiarsi rapide informazioni tra camerati in
assenza di un server per la comunicazione vocale. Tutti problemi ai quali si
è ovviato con Battlefield 2.
Uguale e diverso Nonostante le ostilità si siano spostate in un ipotetico ma (ahimé) non
troppo distante futuro, lo scopo del gioco in BF2 non è cambiato rispetto ai
due predecessori. Messe in campo due armate fornite di un eguale numero di
crediti (a contrastare le forze USA troveremo di volta in volta una
fantomatica coalizione araba o l’esercito regolare cinese) queste si daranno
battaglia fino a che una delle due non soddisferà le modalità di vittoria
previste (in buona sostanza l’azzeramento dei crediti della fazione
avversaria). Allo scopo di esaurire tali crediti sarà indispensabile
eliminare il maggior numero possibile di soldati nemici o far sventolare la
propria bandiera sulla maggioranza, o meglio ancora sulla totalità, degli
avamposti disseminati su ogni mappa di gioco, presidiandoli per un lasso di
tempo variabile in base al numero di forze amiche presenti sul luogo.
All’interno di questo schema generale si inserirà l’apporto del singolo
giocatore, chiamato di volta in volta ad attaccare un determinato avamposto,
a difenderne un altro, a svolgere un’infinità di mansioni specifiche alla
sua classe di impiego e a badare nel frattempo a non beccarsi una pallottola
in fronte. Come premio per ogni sforzo profuso, al player saranno assegnati
dei punti utili a guadagnare posti di prestigio nella classifica finale e a
raggranellare decorazioni e goodies da sfoggiare con orgoglio al circolo dei
veterani.
Fagiolata? No grazie Per quanto interessante e suggestivo, se lasciato alla libera iniziativa di
sessantaquattro menti sciolte un sistema del genere sprofonderebbe ben
presto nel caos più apocalittico. Ciò che fortunatamente pone BF2 al riparo
dalla sindrome del ‘deatmatch con veicoli’ sono l’intelligente sistema di
punteggio e la catena di comando implementati all’interno del gioco. Il
primo prevede, allo scopo di incentivare la collaborazione tra più
giocatori, l’attribuzione di punti anche a chi si limita a contribuire allo
sforzo bellico della propria fazione (stazionando in prossimità di una
bandiera gia oggetto di attenzioni alleate, ferendo un nemico o scarrozzando
compagni sul proprio veicolo mentre questi sfrondano le forze ostili). Il
secondo fornisce direttamente ingame una struttura con la quale è possibile
formare delle vere e proprie squadre d’assalto complete di caposquadra e di
un sistema di comunicazione vocale riservato, allo scopo di coordinare
azioni di assalto rapide e altrettanto rapidi scambi di informazioni tra
membri di una stessa squadra. Per rendersi conto della natura fortemente
aggregativa del titolo basta dare un’occhiata alla classifica finale di un
round. Molto spesso, infatti, i giocatori in testa non sono quelli che hanno
raccolto messi di teste avversarie, bensì quelli che hanno accumulato i più
alti punteggi nel settore della collaborazione. Insomma, nessuno vieterà al
neofita o allo skiller incallito di andare a zonzo per le mappe allo scopo
di incamerare qualche sparuto frag, di certo però le soddisfazioni migliori
saranno riservate ai player con inclinazione più ‘socievole’.
Obey your master! L’esperienza di gioco, gia piuttosto avvincente nel ruolo del soldato
semplice, si arricchisce di ulteriori bonus una volta deciso di prendersi
sulle spalle le responsabilità di caposquadra o di generale. In accordo alle
aumentate capacità decisionali possibili rivestendo tali ruoli, infatti, la
mappa tattica richiamabile in game diventa interagibile per mezzo del tasto
destro del mouse e utilizzabile, nel caso si sia caposquadra, per ordinare
manovre su luoghi specifici della mappa o per richiedere supporto, munizioni
o bombardamenti utili ad ammorbidire le resistenze avversarie. Un
caposquadra diventa inoltre un punto respawn mobile per tutti i suoi
sottoposti, cosa che si dimostra utile nel caso di morte improvvisa dei
compagni durante il trasferimento da un avamposto all’altro e utilissima nel
caso tutti gli avamposti della mappa siano sotto il controllo delle unità
avversarie. Se restare in vita è uno dei compiti essenziali per un
caposquadra, nel caso di un generale diventa requisito imprescindibile. Al
generale sono infatti riservate le possibilità di attivare l’artiglieria, i
radar e i rifornimenti aerei utili a tutto l’esercito. Questi deve dunque
sacrificare il suo ruolo ‘attivo’ sul campo per dare ascolto e supportare
ove possibile le richieste dei capisquadra. Gran parte del suo tempo andrà
spesa scandagliando la mappa e intervenendo sui punti caldi in accordo con
l’evolversi della battaglia, cosa questa che gli lascerà ben poco tempo per
mettersi a sparare sui nemici in movimento. Considerate le responsabilità
del ruolo e il suo peso nelle sorti di ogni battaglia, quello di generale è
un compito che si adatta ai giocatori veterani, specie considerando come sia
possibile sollevare dall’incarico tramite votazione tutti i graduati che si
dimostrino eccessivamente ‘disattenti’.
L’essenza della guerra
Ciò che non è possibile tradurre in parole è il risultato di tutti questi
elementi una volta sperimentati durante una normale sessione di gioco.
Affascinata la vista grazie alle ambientazioni imbastite dai grafici Dice e
sottoposto l’udito ad un perpetuo bombardamento di esplosioni, messaggi
radio e grida concitate (negli effettivi idiomi delle fazioni in gioco, un
autentico colpo di genio) risulta impossibile non farsi coinvolgere
immediatamente dall’azione. Le prime ore di gioco sono spese sperimentando
sulla propria pelle i pregi e difetti dell’armamento a disposizione, dei
veicoli, delle classi di impiego e delle strategie spicciole utili sul campo
di battaglia. Le stesse ore sono caratterizzate anche da una percentuale
preoccupante di decessi, da smaltire guardando il cielo per i quindici
secondi canonici o sperando che intorno ci sia un medico abbastanza
misericordioso da omaggiarci di una botta di defibrillatore. Il rovescio
della medaglia sta nel fatto che un così disorientante battesimo del fuoco
possa scoraggiare i neofiti, creando in loro l’erronea convinzione di
trovarsi di fronte ad un titolo dotato di una curva di apprendimento troppo
ripida.
L’essenza del gioco Il che sarebbe davvero un peccato, perché appena sotto la tanto ostile
superficie BF2 cela uno degli fps più rivettati in circolazione. Con in più
il valore aggiunto di una montagna di feature accessorie capaci di farne un
simulatore di guida, un simulatore di volo e persino uno strategico in tempo
reale senza soluzioni di continuità e all’interno di una stessa sessione di
gioco. Dotando i veicoli di una risposta precisa ai comandi e di una fisica
applicata verosimile ma non eccessivamente manichea, semplificando
l’interfaccia tattica senza per questo alleggerirne i contenuti e
implementando un ironsight specifico per tutte le categorie di armi da fuoco
utilizzabili, Dice è riuscita nella non facile impresa di rendere
dannatamente divertente ogni singolo aspetto del suo capolavoro. La modalità
single play, oggettivamente povera di contenuti e apparentemente inutile in
un titolo come questo, diventa a tutti gli effetti banco di prova dove
sperimentare tutto lo sperimentabile e mettere a punto il metodo di
controllo adatto ad ogni situazione. Lungi dall’essere un ridondante
esercizio di pignoleria, la pratica sortirà effetti immediati una volta sul
campo e trasferirà i suoi benefici influssi nel punteggio di fine round.
Schegge vaganti
A scapito di un giudizio globalmente eccellente va detto che BF2 soffre di
alcuni disturbi congeniti e acquisiti dei quali non è possibile tacere.
Innanzi tutto il gioco è parecchio esigente sotto il profilo tecnico:
un’ottima scheda video e un processore di ultima generazione (dotato di
almeno un gigabyte di RAM) sono quanto occorre per non dover sfrondare il
dettaglio grafico ai limiti del visivamente sopportabile, mentre persino una
connessione adsl non mette al riparo al cento per cento da occasionali
indecisioni specie nei server a pieno carico di giocatori. Per sfruttare al
meglio le potenzialità del titolo è indispensabile dotarsi di un microfono,
ma non tutti i server supportano il sistema vocale integrato rendendo quasi
obbligatorio il ricorso a programmi esterni al gioco quali l’intramontabile
teamspeak. Nonostante il recente rilascio di una patch correttiva, inoltre,
la navigazione all’interno dei menu multiplayer e ingame soffrono di più di
un’incertezza. Il maggiore ostacolo del titolo rimane però insito nella sua
natura spiccatamente collaborativa. Al pari di un buon vino BF2 va bevuto in
buona compagnia e approcciato con la necessaria deferenza, motivi per i
quali rischia di rimanere sullo stomaco al bevitore solitario e occasionale…
At the end of the day
Riserve a parte, Battlefield 2 è quanto di meglio il mercato possa proporre
a chi cerca un fps massicciamente multiplayer, dotato di carisma e passibile
di numerose modalità di approccio. Chi ha maturato esperienza con i
precedenti dovrebbe comprarlo ad occhi chiusi, mentre chi cerca
un’alternativa al solito cattura la bandiera dovrebbe prenderlo seriamente
in considerazione
Hardware consigliato:
Pentium IV o
equivalente a 1,7 Ghz, 256Mb di RAM, Scheda Video 3d da 64 mega. Hardware
consigliato: P4 o equivalente a 2.4 Giga, 512 Mega di Ram, Scheda video con 128
mega di RAM.